"Ho tempo per te...Ti ascolto!"

(Cit. Il mio professore di Metodologia Infermieristica)

Alla prima lezione di filogenesi infermieristica la mia professoressa ci disse che i pazienti sono tali solo sulle cartelle, fuori dalla carta sono persone, hanno un nome, un cognome, parenti, sogni e paure. A lungo andare se non si riflette su ciò, la persona malata può diventare per noi un semplice paziente e cioè un semplice malato sul quale applicare banali tecniche che diventano prive di valore umano. E una persona che sta male, oltre a cure di carattere sanitario, ha bisogno di qualcuno che si occuppi del resto. Di tutto quello che va a pezzi dentro di se, quando il proprio corpo è il primo ad abbandonarlo. Le ferite peggiori non sono quelle chiuse dai punti in sala operatoria, sono quelle che una persona si porta dentro. Quel viaggio che non ha potuto fare per via della malattia, quella persona che l'ha abbandonato perché non sapeva come gestire una patologia così impegnativa, una famiglia assente, un lavoro che non si può più svolgere, un autonomia persa. Quando insegni a un bambino piccolo a camminare, lui non vorrà più smettere di farlo. Chi sta male, è costretto a smettere di camminare sulle sue gambe, si deve fidare di dei professionisti, e non è facile. Non è facile perché l'autonomia è alla base dell'esistenza umana, non vogliamo dipendere da nessuno se non da noi stessi, non vogliamo sentirci un peso. 
La malattia costringe la persona a far entrare degli estranei nella propria sfera più intima. 
Affrontare una patologia non è facile, vuol dire anche tirare fuori nuove o vecchie paure, vuol dire essere in balia degli eventi, di un corpo che è nostro ma che non siamo capaci di controllare e che si rebella a noi, che tenta di ucciderci a volte. 
La persona malata è in una posizione di svantaggio nei confronti degli altri, e ha bisogno di figure qualificate che sappiano come trattarla, come aiutarla. 
L'infermieristica consiste nel "prendersi cura" della persona. Non si somministrano semplici farmaci prescritti dal medico, non si applicano semplici tecniche e non si annotano semplici dati sulle cartelle. Ci si prende cura della persona nella suo complesso (visione olistica), gli si sta affianco nella sua degenza. 
Si ascolta la persona. 
Il mio professore di metodologia infermieristica, ieri ci ha detto che il bravo infermiere non è solo quello che sa svolgere le azioni di propria competenza, ma è quello che sa ascoltare, che mostra empatia, che non ti considera un semplice ammalato, ma una persona. La malattia non fa l'uomo.  
Lo stare accanto, secondo il mio professore, consiste in una frase "Ho tempo per te...Ti ascolto!". 
Ascolto ciò che dici verbalmente, ma anche ciò che non dici a parole. 
"Ho tempo per te...", non sei solo un nome che pronuncio frettolosamente quando devo compiere il mio giro di routine, ma sei una persona alla quale dedico del mio tempo. E il tempo non lo si dedica così gratuitamente, lo si dedica a ciò che conta. E visto che io "Ho tempo per te..." vuol dire che tu per me conti. Tale concetto si applica anche con persone in uno stato di incoscienza. Tu non puoi parlarmi ma io ti spiego cosa faccio, ti parlo mentro lo faccio, ti faccio sentire che non sei solo, che anche se non puoi muoverti, parlare ed aprire gli occhi, per me conti tanto, non sei uno scarto. La tua dignità per me è importante, sia che tu sia cosciente, sia che tu non lo sia.
Quando la tua pelle è stata tagliata e ricucita, quando nel tuo corpo vengono somministrati farmaci, hai bisogno di qualcuno che ti rimetta in sesto. Che si prenda cura di te, e non solo della tua carne. L'infermiere rimette insieme i pezzi, ti ascolta, ti attua medicazioni, chiama il medico quando ce n'è bisogno, ti rimane accanto, ti tranquilizza, ti aiuta a recuperare la tua autonomia.
Virginia Henderson, una delle più grandi teoriche del nursing, disse "La peculiare funzione dell'infermiere è quella di assistere l'individuo malato o sano nell'esecuzione di quelle attività che contribuiscono alla salute o al suo ristabilimento (o ad una morte serena), attività che eseguirebbe senza bisogno di aiuto se avesse la forza, la volontà o la conoscenza necessarie, in modo tale da aiutarlo a raggiungere l'indipendenza il più rapidamente possibile". 
Assistere è una parola bellissima. Vuol dire stare accanto a una persona, aiutarla. In parole povere: "dove non arrivi tu, arrivo io, ma se tu ci riesci ad arrivare da solo allora è giusto che lo faccia tu". 
Si rimane accanto al paziente, non lo si abbandona, nel bene o nel male.
Quando mio nonno fu ricoverato all'ospedale per un tumore maligno all'ultimo stadio ai polmoni, di fianco a lui c'era un altro anziano ai quali i famigliari avevano negato le cure palliative perché contrari. L'uomo si lamentava, piangeva, era terorrizzato. L'infermiera se ne accorse, si sedette sulla sedia accanto al letto di lui, gli strinse la mano e gli ripeteva che sarebbe rimasta lì con lui fino alla fine, che tutto sarebbe finito, che lei non se ne sarebbe andata, che qualunque cosa sarebbe successa l'avrebbero affrontata assieme, non era da solo. Vorrei diventare come quella infermiera, vorrei poter aiutare qualcuno nel modo giusto. 
Anche la morte può fare meno male, se hai qualcuno che ti aiuta ad accettarla, che non prova pietà per te ma empatia, che ti stringe la mano e calmo ti spiega che ogni cosa la si può affrontare. 
Il mio professore, ieri aggiunse che non si fanno promesse che non possiamo mantenere ai pazienti. Non si garantisce che andrà tutto bene in un operazione, e prima di un esame non si dice non si preoccupi tanto non risulterà niente di negativo. L'unica promessa che possiamo fare è quella di dire che qualsiasi cosa accada noi ci saremo. Qualsiasi cosa accada non sarà solo ad affrontarla. 
Non si sistema solo la carne, ma anche ciò che c'è dentro, quello che fa accelerare i battiti cardiaci, ciò che ci fa tremare dalla paura, i sentimenti.
Il professore ha detto che la cosa più importante da ricordarsi è che noi siamo professionisti e non amici della persona, questo perché c'è bisogno di lucidità. Ma poi ha aggiunto che questa ultima cosa la si impara con il tempo, o forse non la si impara mai abbastanza. 
è un lavoro che richiede tanto dal punto di vista umano, bisogna dare molto e stare attenti a non svuotarsi, ma credo che ne valga la pena se ci si crede . 
"Ho tempo per te...Ti ascolto!", può aiutare tanto e tutti.

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10 commenti

  1. Questo post è bellissimo. Io purtroppo ho paura anche di un ago e patisco durante le analisi del sangue, però con la consapevolezza di questo mio limite ho sempre pensato che chi deve svolgere il mestiere di medico/infermiere ecc. lo debba fare per passione. E mai parole sono state più adatte quanto queste. La mia esperienza finora è stata negativa, quando c'erano i miei nonni all'ospedale o anche per una semplice visita personale così non ne ho mai conosciuto. Dovrebbero leggere questo tuo trafiletto e farne tesoro, pur comprendendo la difficoltà che tale compito richiede ;)

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    1. Mi fa piacere che ti sia piaciuto e mi dispiace tanto per le esperienze negative, spesso capita di incontrare persone che nel svolgere il loro lavoro di assistenza sono stanche, si sono svuotate è triste ma può capitare e non é una giustificazione! Un bacione e grazie ancora!

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  2. è un bellissimo post, da cui emerge la tua passione e dedizione. Anche a me piacerebbe incontrare persone con lo stesso spirito in un ambiente come un ospedale. Ho sempre però cercato di capire, in alcuni casi, che alle volte un certo distacco aiuta, credo sia difficile avere a che fare tutti giorni con del dolore, che spesso non è tanto del paziente ma anche dei famigliari. Ci vuole un tatto e una delicatezza innata che sono però umanamente difficili da gestire nel quotidiano..Brava

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    1. Grazie mille :) l'ambiente ospedaliero è complicato, si instaurano rapporti, si ha a che fare con famiglie a pezzi, stanche e addolorate... Il distacco emotivo è un bene se lo si riesce ad applicare nel rispetto della persona e con empatia, ma credo che sia difficile perché alla base di questo lavoro sta il cuore, l'amore che si prova per il prossimo... Un bacio, buon week-end e grazie ancora :)

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  3. L'altro giorno sono stata a trovare la mia migliore amica che è ricoverata in oncologia e vedere quanto gli infermieri/infermiere fossero umani, sorridenti e vivi mi ha aperto il cuore.

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    1. Mi dispiace per la tua amica... Mi fa piacere che tu abbia potuto incontrare dei bravi infermieri... Una buona équipe può fare tanto anche come semplice sostegno... Un bacio e un abbraccio

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  4. è importante esserci. E soprattutto in quei luoghi in cui siamo piu fragili. Perciò questo è un lavoro importantissimo... e le tue parole mi hanno riflettere su cose che dovrebbero essere scontate e invece non lo sono mai...brava!

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