Mie amati Lettori Very Superficial, buon Lunedì! Che progetti avete per la settimana? Io solo studiare, studiare e ancora studiare!
Oggi, vi parlo di "Easy" di Tammara Webber, tradotto da M. Cozzi e pubblicato da Leggereditore.
Autrice: Tammara Webber
Titolo: Easy
Casa editrice:Leggereditore
Quando Jacqueline, a discapito dei propri sogni di musicista, seguì il suo fidanzato storico al college non si immaginava di essere scaricata all'inizio del secondo anno accademico. Una rottura che la vide scartata anche dalle compagnie dell'università , che volenti o dolenti si vedono costretti a schierarsi dalla parte di uno dei due. Una sera, dopo essere andata via prima della sua compagna di stanza da una festa, Jacqueline viene aggredita da Buck, un ragazzo che frequenta la stessa confraternita del suo ex fidanzato. Ma per sua fortuna, a salvarla arriva un misterioso sconosciuto che si trovava nel posto giusto al momento giusto. Ora, Jacqueline vuole solo dimenticare quella orribile notte che dentro l'ha cambiata più di quanto lei stessa potesse immaginare. Peccato che, dopo due settimane da quella notte al suo rientro a lezione durante l'ora di economia seduto nei banchi infondo vi è proprio Lucas, il ragazzo che l'ha salvata dallo stupro quella sera. Fra i due ha inizio una strana storia, dove nessuno dei due sa se potersi fidare o no dell'altro.
"Easy" è un libro che fa parte del genere Young Adult, genere che sta spopolando ultimamente. Il titolo è il ritratto del libro. "Easy" è un libro facile da leggere, alcune volte quasi irritanto per la sua facilità . La Webber prova a trattare temi importanti come lo stalking, lo stupro e le molestie sessuali, senza però riuscire ad approfondire realmente tali argomenti. Senza riuscire a dargli il giusto spessore, rendendo l'intera trama vuota e a volte ridicola.
Il personaggio di Jacqueline, così come quello di Lucas, è piatto senza grandi dinamiche sentimentali. Anche il modo in cui si svolge la storia è del tutto prevedibile e non emozionante o coinvolgente.
Insomma, "Easy" è un libro che non mi sento di consigliarvi se non come lettura da ombrellone.
Oggi, vi parlo di "Easy" di Tammara Webber, tradotto da M. Cozzi e pubblicato da Leggereditore.
Autrice: Tammara Webber
Titolo: Easy
Casa editrice:Leggereditore
Collana: Narrativa
Pagine: 299
Prezzo libro cartaceo: € 12,00
Pagine: 299
Prezzo libro cartaceo: € 12,00
Prezzo Ebook: € 3,49
"L'amore non è assenza di logica, ma la logica riesaminata e ricalcolata. Riscaldata e curvata per adattarsi ai contorni del cuore..."
"Easy" è un libro che fa parte del genere Young Adult, genere che sta spopolando ultimamente. Il titolo è il ritratto del libro. "Easy" è un libro facile da leggere, alcune volte quasi irritanto per la sua facilità . La Webber prova a trattare temi importanti come lo stalking, lo stupro e le molestie sessuali, senza però riuscire ad approfondire realmente tali argomenti. Senza riuscire a dargli il giusto spessore, rendendo l'intera trama vuota e a volte ridicola.
Il personaggio di Jacqueline, così come quello di Lucas, è piatto senza grandi dinamiche sentimentali. Anche il modo in cui si svolge la storia è del tutto prevedibile e non emozionante o coinvolgente.
Insomma, "Easy" è un libro che non mi sento di consigliarvi se non come lettura da ombrellone.
Bella gente, buona notte! Lo so, lo so, arrivo in ritardo per scrivere il post settimanale di Listography, ma vi ricordo che qui vige la regola che fino a quando non vado a dormire è ancora il giorno di quando mi sono svegliata ( son peggio del Cappellaio Matto, fatevene una ragione o internatemi :P).
La lista che Nadia ci propone questa settimana è una lista bella tosta, che ci ha messo un po tutti in crisi...(rullo di tamburi)....la lista di oggi riguarda i film preferiti!
In anticipo, vi anticipo ce di sicuro me ne scorderò di elencarne più di millemigliaia (dannata memoria a lungo termine mal funzionante!)...3...2...1...VIA!
Listography #3: Your Favorite Films
300 di Zack Snyder
Elizabethtown di Cameron Crowe
Bride Wars - La mia miglior nemia di Gary Winick
Certamente, Forse di Adam Brooks
Django Unchained di Quentin Tarantino
Big Fish di Tim Burton
Alice in Wonderland di Tim Burton
La Sposa Cadavere di Tim Burton e Mike Johnson
Lilo e Stitch
Mulan
Rapunzel - L'intreccio della Torre
Hunger Games di Gary Ross
The Help di Tate Tylor
Tutta la Saga dei Pirati dei Caraibi
Colazione Da Tiffany di Blake Edwards
Voce del Verbo Amare di Andrea Manni
The First Time di Jon Kasdan
Easy Girl di Will Gluck
Crazy, Stupid, Love di Glen Ficarra e John Requa
Solo un padre di Luca Lucini
Il Lato Positivo - Silver Linings Playbook di David O. Russel
The Wedding Party di Lesly Headland
Now You See Me - I maghi del crimine di Louise Leterrier
Frankestein Jr di Mel Brooks
La saga dei film di Iron Man
La saga di Una Notte da Leoni
3 Uomini e Una Pecora di Stephan Elliott
Il Mio Angolo di Paradiso di Nicole Kassell
Quando Meno Te lo Aspetti di Garry Marshall
Tutti i film non menzionati ma che ci sono e mi verranno in mente appena pubblicato il post, facendomi malamente rosicare...
La lista che Nadia ci propone questa settimana è una lista bella tosta, che ci ha messo un po tutti in crisi...(rullo di tamburi)....la lista di oggi riguarda i film preferiti!
In anticipo, vi anticipo ce di sicuro me ne scorderò di elencarne più di millemigliaia (dannata memoria a lungo termine mal funzionante!)...3...2...1...VIA!
Listography #3: Your Favorite Films
300 di Zack Snyder
Elizabethtown di Cameron Crowe
Bride Wars - La mia miglior nemia di Gary Winick
Certamente, Forse di Adam Brooks
Django Unchained di Quentin Tarantino
Big Fish di Tim Burton
Alice in Wonderland di Tim Burton
La Sposa Cadavere di Tim Burton e Mike Johnson
Lilo e Stitch
Mulan
Rapunzel - L'intreccio della Torre
Hunger Games di Gary Ross
The Help di Tate Tylor
Tutta la Saga dei Pirati dei Caraibi
Colazione Da Tiffany di Blake Edwards
Voce del Verbo Amare di Andrea Manni
The First Time di Jon Kasdan
Easy Girl di Will Gluck
Crazy, Stupid, Love di Glen Ficarra e John Requa
Solo un padre di Luca Lucini
Il Lato Positivo - Silver Linings Playbook di David O. Russel
The Wedding Party di Lesly Headland
Now You See Me - I maghi del crimine di Louise Leterrier
Frankestein Jr di Mel Brooks
La saga dei film di Iron Man
La saga di Una Notte da Leoni
3 Uomini e Una Pecora di Stephan Elliott
Il Mio Angolo di Paradiso di Nicole Kassell
Quando Meno Te lo Aspetti di Garry Marshall
Tutti i film non menzionati ma che ci sono e mi verranno in mente appena pubblicato il post, facendomi malamente rosicare...
"Elogio allo Scarto e alla Resistenza" di M.Grazia Contini
- 00:25:00
- By Federica R
- 4 Comments
Lettori Very Superficial, buon inizio settimana! Come avete passato questo Lunedì? Io molto bene, ho dato un esame che è andato molto bene e mi ha dato molte soddisfazioni personali.
Oggi vi parlo di un saggio che dovetti studiare per dare un esame di pedagogia qualche settimana fa, e che dopo le prime 10 pagine ho iniziato a leggere con passione e amore dimenticandomi (in parte che fossi "costretta" a leggerlo).
"Elogio allo Scarto e alla Resistenza" di M.Grazia Contini e pubblicato da CLUEB.
Autrice: M.Grazia Contini
Titolo: Elogio allo Scarto e alla Resistenza
Scarto e Resistenza, non sono semplici parole. Scarto e Resistenza possono essere anche persone. Persone che per le loro idee, per quello che sono, per la loro salute, per il loro corpo o per le loro credenze sono scartati dalla società , messi in un angolo, denaturizzati della loro dignità e umanità . Scarto che ha un cuore che palpita, elogiato nella sua diversità , nel suo non essere uguale agli altri ma non per questo sbagliato, perché la diversità non è un errore. Resistenza che è una lotta contro la "normalità " standardizzata, che esclude il resto, che si impone eliminando (o più precisamente) scartando tutto ciò che è "diverso". "Elogio allo Scarto e alla Resistenza" è un saggio che mira a fare riflettere il lettore su se stesso e su ciò che lo circonda, che invita ogni essere vivente nella accettazione del prossimo, del diverso, di chi lotta e nel comprendere anche la propria responsabilità personale nella solidarietà con il prossimo.
Esistono libri che ti scavano dentro l'anima, che sembrano quasi in grado di cambiarti le ossa e il metabolismo. Io sono capitata nella lettura di "Elogio allo Scarto e alla Resistenza" per doveri universitari, ma sono bastate poche pagine per rendermi conto della fortuna che ho avuto nel dover leggere questo saggio di natura filosofica e pedagogica.
M. Grazia Contini indaga con molto tatto ed estremo che cosa significhi "essere scarto" ed "essere resistenza", analizzando una società e un educazione pedagogica che tende ad appiattire quelle diversità che ci rendono unici e irripetibili.
Impossibile immergersi in questa lettura senza non finire ad analizzare se stessi e i propri rapporti con ciò che ci è "estraneo". Ed è proprio attraverso la riflessione su se stessi e sul proprio modo di vedere e percepire il mondo, che si può capire in che modo scattano quei meccanismi che ci fanno considerare certe situazioni in un modo o in un altro. Solo conoscendo i propri modi di percepire il mondo, si può andare oltre essi e aprirsi al mondo e quindi all'altro.
Un saggio che è un piccolo tesoro che non fa altro che arricchirci internamente. Vi consiglio vivamente di leggerlo, soprattutto se in prima persona siete coinvolti in responsabilità pedagogiche nei confronti altrui.
Oggi vi parlo di un saggio che dovetti studiare per dare un esame di pedagogia qualche settimana fa, e che dopo le prime 10 pagine ho iniziato a leggere con passione e amore dimenticandomi (in parte che fossi "costretta" a leggerlo).
"Elogio allo Scarto e alla Resistenza" di M.Grazia Contini e pubblicato da CLUEB.
Autrice: M.Grazia Contini
Titolo: Elogio allo Scarto e alla Resistenza
Casa editrice: CLUEB
Collana: Studi e Ricerche sulla Formazione. Saggi
Pagine: 145
Prezzo libro cartaceo: € 12,75
Collana: Studi e Ricerche sulla Formazione. Saggi
Pagine: 145
Prezzo libro cartaceo: € 12,75
Prezzo Ebook: Non disponibile
Esistono libri che ti scavano dentro l'anima, che sembrano quasi in grado di cambiarti le ossa e il metabolismo. Io sono capitata nella lettura di "Elogio allo Scarto e alla Resistenza" per doveri universitari, ma sono bastate poche pagine per rendermi conto della fortuna che ho avuto nel dover leggere questo saggio di natura filosofica e pedagogica.
M. Grazia Contini indaga con molto tatto ed estremo che cosa significhi "essere scarto" ed "essere resistenza", analizzando una società e un educazione pedagogica che tende ad appiattire quelle diversità che ci rendono unici e irripetibili.
Impossibile immergersi in questa lettura senza non finire ad analizzare se stessi e i propri rapporti con ciò che ci è "estraneo". Ed è proprio attraverso la riflessione su se stessi e sul proprio modo di vedere e percepire il mondo, che si può capire in che modo scattano quei meccanismi che ci fanno considerare certe situazioni in un modo o in un altro. Solo conoscendo i propri modi di percepire il mondo, si può andare oltre essi e aprirsi al mondo e quindi all'altro.
Un saggio che è un piccolo tesoro che non fa altro che arricchirci internamente. Vi consiglio vivamente di leggerlo, soprattutto se in prima persona siete coinvolti in responsabilità pedagogiche nei confronti altrui.
Bella gente, lo so che tecnicamente è già Sabato ma da me (nel mio fantastico mondo) non è il giorno seguente fino a che non si va a letto e ci si sveglia il giorno dopo, quindi sono ancora in tempo per bloggare l'appuntamento settimanale di "Listography".
Nadia che è una che ne sa a pacchi e che ha idee geniali, ha creato a posta per noi un bellissimo banner. Se volete aderire al progetto o semplicemente saperne di più, vi invito a cliccarci sopra e sarete subito inviati al suo sito.
Incominciamo....
Nadia che è una che ne sa a pacchi e che ha idee geniali, ha creato a posta per noi un bellissimo banner. Se volete aderire al progetto o semplicemente saperne di più, vi invito a cliccarci sopra e sarete subito inviati al suo sito.
Incominciamo....
Pets you've had and their names
Mordillo per gli amici Lillo. è stato il mio primo grande amore. Il mio primo cane. Lo abbiamo preso quando ero bambina, salvandolo da morte certa visto che la madre (snaturata e anche un po cagna) non lo allattava. Quando è arrivato in famiglia aveva 20 giorni, lo allattavamo con il biberon. La prima cosa che ha fatto è stato vomitare in macchina, fare pipi in macchina e mordicchiare mia mamma. Da li il nome, Mordillo. Ma per noi era semplicemente Lillo. Un bastardino nero con la barbetta bianca. Lillo era un cane strano, contemplava la pioggia guardando fuori dalla finestra, si credeva il capo di casa, pisciava a gogo ogni volta che vedeva S, odiava fare la pipi fuori casa quando fuori faceva freddo. E per chiudere in bellezza, era pure un dormiglione svogliato. Nel tempo i suoi comportamenti peggiorarono e fummo costretti a chiamare una psicologa per cani (ebbene si, esistono) e infine a darlo via. Lo affidammo a una famiglia che abitava in campagna e che aveva 2 bambini. Mi si ruppe il cuore in mille parti. I miei dicono che secondo loro Lillo sia morto, secondo me invece corre ancora felice per le campagne emiliane.
Paco e Paca da I-IV ho avuto 8 pesci rossi nella mia vita, a tutti gli ho dato sempre lo stesso nome (evviva la fantasia) sono tutti morti in maniere tragiche. Uno si suicidò buttandosi fuori dalla boccia. Un altro uccise il suo compagno. Un altro ancora si lasciò morire smettendo di mangiare. Un altro ancora fu Lillo a mangiarlo. Insomma i pesci rossi non erano roba nostra. Dopo la morte di Paca IV smisi di chiederli a mia madre. Attualmente sono tutti sepolti nel giardinetto di casa. Pace all'anima loro.
Minnie un simpatico criceto comprato nella mia fase "Hamtaro" e ad Hamtaro ci assomigliava pure. All'inizio era dolce e docile, poi si trasformò in un criceto Killer. Morsicò più volte la mia cuginetta, mia madre e me. Morì di morte naturale povera, attualmento è sepolta di fianco ai vari Paco e Paca.
Cip e Ciop due inseparabili che mi feci comprare nel mio periodo "romanticona Disney". Durarono veramente poco, anche perchè non erano socievoli come quelli dei cartoni. Cip morì per prima e Ciop si lasciò morire dopo la sua signora. La loro fu una storia d'amore sfortunata cosumatasi in mura per loro ostili.
Bea una dolce ed esuberante cagnolina, spacciataci per Barboncina Toy, ma in realtà dalle dimensioni pareva un cucciolo d'Alano camuffato da Barboncino Toy. Durò in casa nostra il tempo di una notte, prima che mia madre esasperata dal carattere esuberante, capriccioso, viziato della cagnolina la riportò all'allevamento dove l'avevamo presa. Piansi una notte intera per lei, poi mi sentii sollevata. Meno di 12 ore in casa ed era già riuscita a schiavizzarmi e a posizionarsi a un gradino gerarchico sopra il mio. L'allevatrice ci chiamò il giorno della sua vendita (il giorno seguente alla sua restituzione) dicendoci che l'aveva acquistata una famiglia con una bimba autistica che si era innamorata di Bea. Sono felice per loro, almeno così Bea sarà utile e potrà aiutare una bambina a sentirsi meno sola e più amata e perché no, magari ad aiutarla anche ad aprirsi di più al mondo e al contatto.
"La vita ha il significato che ha sempre avuto. È la stessa di prima.Che cosa è la morte se non un incidente insignificante?
- 12:15:00
- By Federica R
- 4 Comments
Dovrei essere dimenticato solo perché non mi si vede?
Sto solo aspettandoti, è un intervallo di tempo (...) Va tutto bene."
( Pastore Henry Scott Holland 1910)
Non la conoscevo benissimo, ma è stata carina e dolce con me in un periodo nel quale io non stavo bene con me stessa e con gli altri.
E così, mi ci sono affezionata.
Pensate che anche se sapeva il mio nome, ogni tanto quando ci incrociavamo in qualche corridoio, mi chiamava "Chicca". Chicca perché i nani, che popolano la mia vita e il mio cuore, le avevano detto di chiamarmi così. E vi giuro che sono poche le persone (e solitamente sono quelle alle quali tengo di più) quelle che mi chiamano con quel vezzeggiativo che S mi attribuì molti anni fa.
Se ne è andata che era giovane, bella e innamorata. Certe malattie sono così, non ti guardano in faccia, non ti chiedono il permesso e se ne infischiano dei tuoi sogni e della tua vita. Semplicemente capitano, ti cambiano e ti possono uccidere.
Come hanno fatto con lei e con altri come lei.
Nessuna giustizia, solo un gioco di probabilità . Un insieme di predisposizioni genetiche, mutazioni biologiche, condizioni ambientali, stili di vita e abitudini alimentari e tanti altri fattori. Nessuna patologia da quella più banale a quella più mortale, agisce secondo giustizia. Eppure, ciò che è successo a lei è una grande ingiustizia, una di quelle che spezza il cuore e ti fa tenere il fiato corto.
Oggi c'è stato il funerale, c'è andato solo mio padre, io non me la sono sentita. Comunque sia, il posto dove si è tenuta la funzione era praticamente attaccato a casa mia. Erano più di 300 persone. Si, le belle persone riescono ad entrare nel cuore di così tanta gente. Le macchine parcheggiate ovunque, tutti pronti a ricordarla e salutarla per un ultima volta. Tutti a pezzi, perché non è colpa di nessuno, ma questa è una ingiustizia e le ingiustizie fanno male un po a tutti.
Sono successe molte cose toccanti che mio padre mi ha raccontato, troppo intime per essere narrate qui. Troppo sue e quindi non ve le dirò, perché è giusto che lei, che ora non ha più niente, le rimanga qualcosa. Non mi va di strumentalizzare il suo dolore, di rendere pubblica la sua intimità . Ciò che riguarda lei, deve rimanere suo.
Però, tutta questa terribile faccenda mi ha fatto riflettere. Riflettere sulla vita, sulla morte e come quella che diventerà la mia futura professione sia collegata ad esse in una maniera devastante.
Virginia Henderson, grande teorica dell' infermieristica nel 1955, scrisse che l'assistenza infermieristica consiste nella "assistere l'individuo sano o malato nell'esecuzione di quelle attività che contribuiscono alla salute o al suo ristabilimento o ad una morte serena..".
Ed è sull'ultima parte, sull'accompagnare ad una "morte serena", che vorrei riflettere con voi.
Cosa significa per voi "una morte serena"? In che modo per voi si può avere ciò?
La morte fa paura, è la cessazione di tutto. Vuol dire non esserci più, essere nulla.
Nell'antichità c'era l' horror vacui, la paura del vuoto, così si riempiva la tela di mille colori e rifiniture pur di non permettere al vuoto di esserci.
Ma la morte porta al vuoto, allo svuotamento di se stessi.
Si cessa di essere.
Si cessa di essere donne, di essere mogli, di essere sorelle, di essere mariti, di essere figli, di essere padri, di essere persone, di essere amati, di essere carne e sangue, di essere parte della vita di qualcuno e della proprio.
Vuoto.
Fa paura non è vero? Vengono quasi i brividi e la nausea al solo pensarci.
Le persone che si dovrebbero accompagnare a quella "morte serena" citata sopra, sono persone (molto spesso) conscie della loro situazione patologica.
La morte se la sentono addosso.
Anche quelle persone che sono tenute all'oscuro della loro patologia, quando essa diventa la futura causa della loro morte, iniziano a capire che c'è qualcosa che non va e che rischiano di morire.
In reparto, spesso, ci troviamo davanti a dei condannati a morte coscienti della loro condanna.
E non possiamo farci nulla.
Non possiamo salvarli anche se vorremmo con tutte le nostre forze. Anche se ci sono medici che restano svegli nottate intere ad aggiornarsi e a sentire colleghi per cercare di scovare fra le mille novità scientifiche quella in grado di risolvere quel particolare tipo di problema. Anche se ci sono infermieri che passano nottate a somministrare antidolorifici al bisogno e a cercare nuove tecniche per fare diminuire il dolore e rendere più facile alcuni gesti della vita quotidiana. Anche quando si lotta con altri infermieri di altri reparti per far anticipare un esame diagnostico o dare la priorità al proprio paziente per una struttura più attrezzata e che si addica di più alla sua attuale situzione di salute.
Niente, siamo umani: medici, infermieri e oss, tutti essere umani non in grado di fare quel miracolo necessario a salvare un paziente affetto da una patologia che lo porterà alla morte.
E la morte non è programmata, nessun medico o infermiere al mondo sarà mai in grado di dire con precisione "lei morirà tal giorno alla tal ora.". I medici danno dei lassi di tempo, variabili e non esatti al 100%. Questo vuol dire che il paziente la morte se la porta ancora più dietro, ancora più dentro. Ogni giorno potrebbe essere l'ultimo. Oggi ci sono, ma domani?
Questo fa perdere il senso della vita a molte persone.
Alcuni pazienti si iniziano a chiedere "Che scopo ha tutto questo? Che scopo ho io?".
Si demoralizzano, si deprimono, mollano la vita ancora prima che essa abbia abbandonato il loro corpo. È un escalation di effetti e azioni che portano la persona a diventare dipendente. Smettono di alimentarsi da soli anche se ne sono in grado, smettono di prendersi cura della propria igiene da soli anche se potrebbero e così via.
L'indipendenza fa parte della vita di una persona, è la propria conquista. È la meta cui si tende da quando si nasce.
È grave quando si smette di lottare per essa.
Quando una persona smette di combattere per la propria indipendenza, allora, la situazione è realmente critica. Non si sta andando in contro a una "morte serena".
Anzi, si è davanti a una persona che si è arresa, che si è svuotata , che si sta dando in pasto al vuoto da sola, prima che sia il tempo a farlo.
È straziante e fa male.
E allora deve essere l'infermiere a prendere per mano e ad aiutare l'assistito. Smuoverlo un poco alla volta, con pazienza, delicatezza e amore. Ristabilire le priorità , e la priorità è che non è finita fin che non è finita. Aiutare la persona a dare un senso a quello che sta succedendo. Aiutare l'assistito a fare pace con il suo corpo traditore e con se stesso, perché noi abitiamo il nostro corpo ma siamo anche esso. Aiutarlo ad accettare la sua condizione.
E, soprattutto, aiutarlo a capire che la sua condizione non cancella quello che è stato, che è e che finché è in vita potrebbe essere.
Si incita la persona non a combattere per la salvezza. Un malato terminale non può salvarsi, sarebbe perfido e maligno, farli credere che possa migliorare le proprie condizioni biologiche fino a giungere a una guarigione che lo allontani dalla imminente dipartita.
È un nuovo tipo di lotta: non si combatte più la morte, la si affronta. La si guarda in faccia, ci si prepara ad affrontarla. Le si da il giusto peso, dando sempre la priorità alla vita.
Si aiuta la persona a mantenere la propria indipendenza il più possibile e per quanto le condizioni lo permettano. Il massimo che riesce a fare è portarsi alla bocca solo un cucchiaioni di pastina? Va bene, allora deve portarselo alla bocca lui quel cucchiaino, lo deve fare per se stesso, per il resto sarà aiutato. Ma così la persona saprà che l'aiuto che riceverà e che riceve gli è dato nel rispetto della sua vita e del suo esserci.
Accompagnare a "una morte serena" vuol dire prendere in considerazione tutti i bisogni della persona e aiutarla secondo le nostre competenze e possibilità (per quanto riguardo ciò che esula dalle mere tecniche infermieristiche). Vuol dire essere la sua mano quando lui vuole scrivere ma non riesce e non c'è nessun familiare che possa aiutarlo. Significa ascoltare le sue paure e combattere assieme quelle che si possono superare. Vuol dire aiutare le persone che ama e che lo amano a stargli accanto, ad aver la forza necessaria per affrontare quello che verrà , vuol dire ascoltare anche le loro paure.
Non ci si prende cura solo del malato, ma della persona che è e dei suoi affetti.
Si accetta che per ognuno andare incontro a "una morte serena" significhi qualcosa di diverso e di personale. Anche la morte, così come la vita è qualcosa di intimo e soggettivissimo.
Un bravo infermiere (e di questo ne sono pienamente convinta perché l'ho visto con i miei occhi) è quello che sa quando parlare e quando tacere, e in certi casi l'assenza delle parole dice molto più delle parole stesse. A volte basta un gesto per far diminuire l'intensità della paura e far giungere la persona a una "morte serena". Come quando mentre aspetti che arrivino i parenti chiamati per dare un ultimo saluto considerata la criticità delle condizioni del assistito, la persona ormai senza più forze per parlare e dilaniata dalla paura e dalla perdita e molto spesso dal dolore, ti stringe la mano e tu stringi la sua. Non lo lasci solo e alcune volte capita che mentre stringi quella mano, la persona smetta di essere, muoia.
Ci sono dei master per infermieri che si occupano dell'assistenza alle persone al termine della loro vita. Non è facile affrontare tutto ciò, ancora più difficile è aiutare qualcuno che sta vivendo la fine della propria vita. E ancora più difficile è affrontare i minuti dopo, quando ci si ritrova davanti i parenti e gli affetti della persona. Aiutarli a sopportare il dolore, quello che si porteranno a casa, quello che gli accompagnerà per chi sa quanto tempo.
Aiutarli anche stando in silenzio, ascoltandoli, toccandoli.
Cosa si può dire d'altronde a una persona che ha appena perso l'amore della propria vita? O cosa si può dire a una madre o a un padre che hanno appena perso il figlio o la figlia?
Gli si può solo stare vicini. Rispondere alle loro domande per quello che riguarda le proprie competenze. La persona ricoverata, il nostro paziente, ha la precedenza, ma una volta che lui non c'è più l'infermiere deve accompagnare chi lo ha amato ad accettare "serenamente" (per quanto è possibile) la morte della persona amata.
Si, la vita e la morte sono collegate e indivisibili, entrambe estremamente complesse.
Ma c'è sempre una fortuna nella sfortuna, la morte (così come la vita) la si può affrontare con le persone che amiamo e con quelle che mettono tutte loro stesse nell'assisterci e aiutarci in quei momenti, la fortuna è non essere dimenticati e amati sia prima che dopo la fine.
Lettori Very Superficial, Buon Lunedì! :) Ed eccomi che come promesso son qui a scrivere una recensione di Lunedì :) Yuppyyy!
Oggi vi parlo di "Ragazze di Riad" di Alsanea Rajaa, tradotto da V. Colombo e B.M Smiths-Jacob, pubblicato da Mondadori.
Autrice: Alsanea Rajaa
Titolo: Ragazze di Riad
Per rendere giustizia al libro vi incollo la recensione ufficiale.
"Quattro giovani studentesse universitarie, di famiglie ricche e privilegiate, alla ricerca del vero amore. La città in cui vivono, però, è Riad, capitale dell'Arabia Saudita, e la società nella quale si muovono impone loro un numero infinito di regole e comportamenti, spesso dettati dalla famiglia o dalla comunità che non tengono in considerazione i loro desideri. Attraverso resoconti di un'anonima narratrice, che invia i propri scritti via internet, l'unico mezzo di comunicazione privata possibile, prendono forma le storie di Qamra, in continua lotta contro le tradizioni familiari e contro la propria debolezza; di Michelle, per metà araba e per metà americana, incapace di sopportare le restrizioni della società saudita e per questo vittima della maldicenza; di Sadim, ferita da un amore che la condizionerà per la vita; e di Lamis, forte e determinata a conquistare sia l'uomo di cui si è innamorata sia la libertà in un altro paese. Ragazze che condividono la medesima estrazione ma che hanno desideri e caratteri differenti, e per questo riescono a creare una loro piccola comunità , a farsi forza l'una con l'altra, a imparare dagli errori altrui in un contesto che ne permette pochissimi a chi cerca l'indipendenza. Opera di una studentessa venticinquenne, "Ragazze di Riad" è un romanzo incredibilmente onesto sulla condizione femminile in una società come quella saudita, e per questo ha subito forti censure in patria. Ma è anche, e soprattutto, un racconto sulla ricerca dell'amore a tutti i costi".
"Ragazze di Riad" è un libro che parla di amore e della ricerca di esso da parte di 4 ragazze dell'alta società saudita. Ma il libro, scritto in forma di continue email da parte di una fonte anonima e amica delle 4 protagoniste, tratta soprattutto (in maniera molto leggera, frizzante e toccante) l'essere donne e il sentire l'amore.
Alsanea Rajaa ci parla della società Saudita, dei matrimoni combinati, delle discriminazioni sociali che subiscono le donne e dell'autorità assoluta che hanno gli uomini della famiglia.
Non vi voglio troppo sbilanciare nel parlarvene visto che recensire questo libro vuol dire anche spoileraro.
Quel che posso dirvi è che "Ragazze di Riad" è un libro che mette in evidenza come l'essere donne vada oltre la società di provenienza, il paese di origine e le credenze, essere donne prima di tutto vuol dire essere umani.
Oggi vi parlo di "Ragazze di Riad" di Alsanea Rajaa, tradotto da V. Colombo e B.M Smiths-Jacob, pubblicato da Mondadori.
Autrice: Alsanea Rajaa
Titolo: Ragazze di Riad
Casa editrice: Mondadori
Collana: Oscar Grandi Bestseller
Pagine: 319
Prezzo libro cartaceo: € 12,00
Collana: Oscar Grandi Bestseller
Pagine: 319
Prezzo libro cartaceo: € 12,00
Prezzo Ebook: € 6,00
“Quanto all’amore lotterà ancora per spuntare in Arabia Saudita . Si
può percepire nei sospiri degli uomini annoiati seduti da soli nei
caffè, negli occhi delle donne velate che camminano per le strade, nelle
linee telefoniche che, dopo mezzanotte, sbocciano alla vita, nelle
canzoni tristi , troppo numerose per essere contate, scritte dalle
vittime dell’amore non sanzionato dalla famiglia, dalla tradizione,
dalla città : Riad.”
Per rendere giustizia al libro vi incollo la recensione ufficiale.
"Quattro giovani studentesse universitarie, di famiglie ricche e privilegiate, alla ricerca del vero amore. La città in cui vivono, però, è Riad, capitale dell'Arabia Saudita, e la società nella quale si muovono impone loro un numero infinito di regole e comportamenti, spesso dettati dalla famiglia o dalla comunità che non tengono in considerazione i loro desideri. Attraverso resoconti di un'anonima narratrice, che invia i propri scritti via internet, l'unico mezzo di comunicazione privata possibile, prendono forma le storie di Qamra, in continua lotta contro le tradizioni familiari e contro la propria debolezza; di Michelle, per metà araba e per metà americana, incapace di sopportare le restrizioni della società saudita e per questo vittima della maldicenza; di Sadim, ferita da un amore che la condizionerà per la vita; e di Lamis, forte e determinata a conquistare sia l'uomo di cui si è innamorata sia la libertà in un altro paese. Ragazze che condividono la medesima estrazione ma che hanno desideri e caratteri differenti, e per questo riescono a creare una loro piccola comunità , a farsi forza l'una con l'altra, a imparare dagli errori altrui in un contesto che ne permette pochissimi a chi cerca l'indipendenza. Opera di una studentessa venticinquenne, "Ragazze di Riad" è un romanzo incredibilmente onesto sulla condizione femminile in una società come quella saudita, e per questo ha subito forti censure in patria. Ma è anche, e soprattutto, un racconto sulla ricerca dell'amore a tutti i costi".
"Ragazze di Riad" è un libro che parla di amore e della ricerca di esso da parte di 4 ragazze dell'alta società saudita. Ma il libro, scritto in forma di continue email da parte di una fonte anonima e amica delle 4 protagoniste, tratta soprattutto (in maniera molto leggera, frizzante e toccante) l'essere donne e il sentire l'amore.
Alsanea Rajaa ci parla della società Saudita, dei matrimoni combinati, delle discriminazioni sociali che subiscono le donne e dell'autorità assoluta che hanno gli uomini della famiglia.
Non vi voglio troppo sbilanciare nel parlarvene visto che recensire questo libro vuol dire anche spoileraro.
Quel che posso dirvi è che "Ragazze di Riad" è un libro che mette in evidenza come l'essere donne vada oltre la società di provenienza, il paese di origine e le credenze, essere donne prima di tutto vuol dire essere umani.
Bella gente, mentre gironzolavo fra i miei blog preferiti sono capitata in un post scritto dalla mitica Mareva dal titolo "Listography #1" e non potevo che non copiarle l'idea sia a lei che a Nadia.
La rubrica consiste nel postare ogni settimana per un anno delle liste riguardo la prorpia vita (per ulteriori spiegazioni guardate qui, oppure il qui che è il post di Mareva o qui che è il post di Nada, oppureguardateovunquecheanarchiasia). Le liste comprendo i più svariati argomenti, da i propri film o cantanti preferite ai primi amori. Le liste sono tratte da Listography - Your Life in Lists che trovate in vendita su Amazon, ma dal momento che le mie finanze sono precarie (essendo io una povera squattrinata aspirante infermiera ergo studentessa universitario che svolge un tirocinio non retribuito) copierò le varie liste da compilare da Nadia o Mareva (ormai i loro nomi li sto ripetendo allo sfinimento e se leggeste quello che scrivono capireste che faccio bene a ripeterveli).
Finiti i convenevoli, direi di cominciare!
Firsts
● First car
Una clio usata e stra ammaccata che amo alla follia, sebbene le prime guide le abbia fatte su delle macchine che a me sembravano dei trasatlantici per la loro mole.
● First kiss
Io sono una pignola e una romanticona, quindi divido il primo bacio in due primi baci. Il primo bacio che dai nella vita, quello sul quale ti sei fatta mille aspettative e parementali e poi c'è il primo bacio che dai nel quale ti accorgi che quella persona è La Persona (con L e la P maiuscole). Il primo non ve lo sto a raccontare perchè è stato una cosa pessima, fatta d'impulso a 12anni. Il secondo deve ancora capitare e nel caso non capiti inizierò ad allevare gatti.
● First drug
Non ho mai fumato nemmeno una sigaretta, figuriamoci provare la droga.
● First religion
Dico solo No Comment, la religione è uno di quegli argomenti che non mi sembra il caso di trattare qui.
● First best friend
La prima migliore amica si chiama come me, l'ho conosciuta il primo giorno di scuola della prima elementare. Siamo finite in punizione assieme il secondo giorno di scuola e da li non ci siamo più separate. Abbiamo vissuto in simbiosi fino ai 15 anni per poi, come era giusto che fosse, separarci per qualche anno per capire cosa volevamo non in funzione dell'altra. A 17 anni dopo tante mancanze e affetto, ci siamo ritrovate e adesso lei c'è ancora, in maniera diversa, forte e bella, ma c'è e ci sarà .
● First telephone
Un catorcio della Simens che mi comprarono i miei come regalo di promozione alle medie, ma io lo adoravo nella sua disfunzionalità .
● First book
L'ho ancora, ma mamma l'ha messo in una parte della libreria troppo alta da raggiungere mettendomi in piedi sulla sedia e io sono troppo svogliata per prendere una scala. Comunque era un libro bellissimo, coloratissimo che mia madre (gran amante dei boschi e della natura) aveva comprato apposta per me. Narrava la storia di uno scoiattolino e della sua vita nel bosco. Era bello, e i disegni erano pieni dei colori della natura. Ci sono affezionata, appena avrò tempo lo tiro giù e me lo rileggo e magari vi dico anche il titolo.
"Il Rumore dei Tuoi Passi" di Valentina D'Urbano
- 21:33:00
- By Federica R
- 71 Comments
Lettori Very Superficial, buona sera! :) Sono tornata o almeno ci provo. Lo so, ultimamente vi ho abbandonati, ma l'università e la mia vita mi stanno prendendo tutto il tempo a disposizione. Vi leggo sempre però, anche quelle volte che presa dalla pigrizia o dalla stanchezza non vi commento. Spero abbiate passato delle buone vacanze, riposandovi, ingrassando e divertendovi.
La rubrica "Lettore Very Superficial" rimarrà sempre al Lunedì (ogni volta che mi sarà possibile e spero che lo sia sempre o almeno spesso). Vi chiederete: "Perché sta psicopatica, allora, ci scrive di Venerdì?". Domanda legittima, la risposta è perché ho letto un libro che mi ha colpito così tanto che non potevo non parlarvene subito.
Oggi, vi parlerò del libro "Il Rumore dei Tuoi Passi" di Valentina D'Urbano, pubblicato da Longanesi.
Autrice: Valentina D'Urbano
I gemelli li chiamavano, Alfredo e Beatrice, uniti non dal sangue ma dalla vita. Uguali eppure così diversi. Cresciuti entrambi nella "Fortezza" uno dei quartieri più degradati della città per quelli di fuori, ma per loro casa. Una casa degli orrori nei quali riecheggiavano le loro risate di bambini. Ma ora non sono più bambini, Beatrice ha 21 anni e Alfredo non c'è più. Ma la loro storia è scritta nella mura della "Fortezza", la loro storia Beatrice la racconta, perché anche "il più povero dei poveracci merita di avere una storia".
Ho letto "Il Rumore dei Tuoi Passi" in una nottata, tutto d'un fiato, senza nemmeno una pausa. Sono stata stregata dalla storia di Beatrice e Alfredo, dalla bravura devastante di una giovane autrice capace di descrivere nella maniera più fisiologica e delicatamente forte una realtà che dai più è definita "degradante".
Valentina D'Urbano è una giovane promessa della narrativa italiana ed è impossibile non rimanere stregati davanti alle sue parole. Ha una scrittura complessa, fredda e ben calcolata. E nella lucidità e durezza delle sue parole il lettore viene stregato, intrappolato e coinvolto. I dialoghi sono pochi ma essenziali. Il lettore si trova davanti a un monologo interiore, al fiume di sentimenti ed emozioni che prova la protagonista.
I protagonisti sono Beatrice e Alfredo, un Alfredo che è presente nel modo in cui Beatrice l'ha vissuto e visto. Un Alfredo che non conosceremo mai realmente affondo, se non nel modo in cui Beatrice l'ha conosciuto. Siamo davanti a un amore nato per caso, nato nell'odio, che forse amore non è mai stato oppure lo è sempre stato nel suo essere disfatto, pronto a sgretolarsi al minimo contatto con la vita. L'amore di Beatrice e Alfredo negato, mai dichiarato, così fermo a loro due soli, così lontano dalla vita ma così vicino alla distruzione e all'autodistruzione.
Glaciale è l'ambiente dove si sviluppa la vicenda: "La Fortezza". Un ambiente ristagnante, chiuso al mondo esterno, un microsistema escluso dalla societa esterna e che a sua volta esclude il mondo esterno. "La Fortezza" è il luogo dove girano spacciatori, dove le case sono occupate con la forza, dove accadono omicidi e risse, dove i bambini smettono di andare a scuola finite le elementari. Un luogo dove nessun bambino dovrebbe crescere, un posto dove bambini solo alla nascita perché adulti lo si diventa in fretta, prima del tempo quando per il mondo esterno si dovrebbe ancora essere creature innocenti. "La Fortezza" segna, ma paradossalmente protegge colore che ci crescono. Sotto questo aspetto la mia mente ha richiamato la "teoria dell'ostrica" di Verga. Una volta che ci si allontana dal proprio luogo di nascita, dal proprio porto sicuro, ogni volta che qualcuno prova a fuggire dalla propria condizione aspirando attraverso il progresso a qualcosa di migliore, ecco che accade una tragedia. E l'equilibrio già precario che vi è fra Alfredo e Beatrice viene incrinato, quando Beatrice esce dalla "Fortezza". La rottura di quell'equilibrio sarà l'inizio della fine. Valentina D'Urbano ci racconta la storia di due perdenti e di un amore destinato a seguire la loro natura. Siamo davanti agli sconfitti della società , davanti a coloro che ciò che provano è tutto ciò che hanno ma va posto in secondo piano, perché ogni energia va spesa per la sopravvivenza.
Io vi consiglio fortemente di leggere "Il Rumore dei Tuoi Passi", che è uno di quel libro capace di scavare nell'anima e di colpire dritto allo stomaco.
La rubrica "Lettore Very Superficial" rimarrà sempre al Lunedì (ogni volta che mi sarà possibile e spero che lo sia sempre o almeno spesso). Vi chiederete: "Perché sta psicopatica, allora, ci scrive di Venerdì?". Domanda legittima, la risposta è perché ho letto un libro che mi ha colpito così tanto che non potevo non parlarvene subito.
Oggi, vi parlerò del libro "Il Rumore dei Tuoi Passi" di Valentina D'Urbano, pubblicato da Longanesi.
Autrice: Valentina D'Urbano
Titolo: Il Rumore Dei Tuoi Passi
Casa editrice: Longanesi
Collana: La Gaja Scienza
Pagine: 319
Prezzo libro cartaceo: € 14,90
Collana: La Gaja Scienza
Pagine: 319
Prezzo libro cartaceo: € 14,90
Prezzo Ebook: € 6,99
"Io lo so che Alfredo non era buono, che non lo amava nessuno.
Perchè se hai qualcuno che ti ama, non corri il rischio di morire solo come un cane.
Se hai qualcuno che ti ama, forse ti salvi."
I gemelli li chiamavano, Alfredo e Beatrice, uniti non dal sangue ma dalla vita. Uguali eppure così diversi. Cresciuti entrambi nella "Fortezza" uno dei quartieri più degradati della città per quelli di fuori, ma per loro casa. Una casa degli orrori nei quali riecheggiavano le loro risate di bambini. Ma ora non sono più bambini, Beatrice ha 21 anni e Alfredo non c'è più. Ma la loro storia è scritta nella mura della "Fortezza", la loro storia Beatrice la racconta, perché anche "il più povero dei poveracci merita di avere una storia".
Ho letto "Il Rumore dei Tuoi Passi" in una nottata, tutto d'un fiato, senza nemmeno una pausa. Sono stata stregata dalla storia di Beatrice e Alfredo, dalla bravura devastante di una giovane autrice capace di descrivere nella maniera più fisiologica e delicatamente forte una realtà che dai più è definita "degradante".
Valentina D'Urbano è una giovane promessa della narrativa italiana ed è impossibile non rimanere stregati davanti alle sue parole. Ha una scrittura complessa, fredda e ben calcolata. E nella lucidità e durezza delle sue parole il lettore viene stregato, intrappolato e coinvolto. I dialoghi sono pochi ma essenziali. Il lettore si trova davanti a un monologo interiore, al fiume di sentimenti ed emozioni che prova la protagonista.
I protagonisti sono Beatrice e Alfredo, un Alfredo che è presente nel modo in cui Beatrice l'ha vissuto e visto. Un Alfredo che non conosceremo mai realmente affondo, se non nel modo in cui Beatrice l'ha conosciuto. Siamo davanti a un amore nato per caso, nato nell'odio, che forse amore non è mai stato oppure lo è sempre stato nel suo essere disfatto, pronto a sgretolarsi al minimo contatto con la vita. L'amore di Beatrice e Alfredo negato, mai dichiarato, così fermo a loro due soli, così lontano dalla vita ma così vicino alla distruzione e all'autodistruzione.
Glaciale è l'ambiente dove si sviluppa la vicenda: "La Fortezza". Un ambiente ristagnante, chiuso al mondo esterno, un microsistema escluso dalla societa esterna e che a sua volta esclude il mondo esterno. "La Fortezza" è il luogo dove girano spacciatori, dove le case sono occupate con la forza, dove accadono omicidi e risse, dove i bambini smettono di andare a scuola finite le elementari. Un luogo dove nessun bambino dovrebbe crescere, un posto dove bambini solo alla nascita perché adulti lo si diventa in fretta, prima del tempo quando per il mondo esterno si dovrebbe ancora essere creature innocenti. "La Fortezza" segna, ma paradossalmente protegge colore che ci crescono. Sotto questo aspetto la mia mente ha richiamato la "teoria dell'ostrica" di Verga. Una volta che ci si allontana dal proprio luogo di nascita, dal proprio porto sicuro, ogni volta che qualcuno prova a fuggire dalla propria condizione aspirando attraverso il progresso a qualcosa di migliore, ecco che accade una tragedia. E l'equilibrio già precario che vi è fra Alfredo e Beatrice viene incrinato, quando Beatrice esce dalla "Fortezza". La rottura di quell'equilibrio sarà l'inizio della fine. Valentina D'Urbano ci racconta la storia di due perdenti e di un amore destinato a seguire la loro natura. Siamo davanti agli sconfitti della società , davanti a coloro che ciò che provano è tutto ciò che hanno ma va posto in secondo piano, perché ogni energia va spesa per la sopravvivenza.
Io vi consiglio fortemente di leggere "Il Rumore dei Tuoi Passi", che è uno di quel libro capace di scavare nell'anima e di colpire dritto allo stomaco.