"Non c'ho le farfalle nello stomaco, c'ho i corvi..."

(Cit. "Ballata del Dubbio Pt.2"- Gemitaiz)
L'odore della pioggia, il rumore del café.
La camera in disordine e la testa pure. Le battaglie interne che fanno sbattere fra loro le ossa. Il cuore che inneggia la rivoluzione. 
E ancora, il rumore della pioggia e l'odore del café. Che la mia professoressa d'arte dice che per tutto il liceo erano stati tutti in ansia per me, per quel mio non essere inquadrata. Un fazzoletto al vento, dice lei. Volevo essere il vento, penso io.
Che ero brava in tutto, ma stavo con i peggiori. Crescendo la cosa non è cambiata, ho sempre avuto il mirino nel scegliere la gente sbagliata. C'era una frase che diceva "ho sempre cercato la bellezza nell'orrore...". L'orrore non ha mai visto la bellezza in me, però. E mi sballottavo nel non appartenere a niente, nel non essere una categoria. Che a quanto pare dicono che a 16 anni devi appartenere a qualcosa e qualcuno. O forse è così nella vita in generale? Non ricordo. 
Le scelte prese per me da altri e quelle mie non prese. E quelle poche fatte per far felici tutti dimenticandomi di me, scelte che trascurano ciò che avrei voluto realmente fare o diventare. Ritrovarsi ora a  dover scegliere senza saperlo fare. Dipendere da me senza sapere ancora cosa salvare e cosa no. 
Una frangetta per cambiare vita, e il karma che torna a prendermi e a portarmi alla realtà. I capelli che non stanno, la corsa contro il ritardo. In ritardo da una vita nella mia vita, e ora rischio di perdere l'autobus. 
Quel senso di non avere niente, che ti soffoca e intossica, quando agli occhi degli altri e alcune volte anche ai tuoi hai avuto tutto. Tutto l'amore che i tuoi genitori avevano e hanno da darti. Una casa, vacanze estive, giornate al mare, litigate e abbracci conditi da baci sulla fronte. Avere tutto e sentirsi come se si avesse niente. Qualcuno mi definirebbe ingrata, altri viziata. Invece io sono stata così grata a quell'amore da aver sempre messo avanti loro rispetto a ciò che volevo. 
A me quell'amore ha congelato le vene, paralizzato gli arti. 
Capita, si chiama amore incondizionato. E il mio dare sempre tutto a tutti, perché non so come si smetta di dare. Che mi hanno insegnato che c'è "più gioia nel dare che nel ricevere" e continuare a dare anche quando non c'è più gioia nel farlo. Dare come condizione di vita. Il mio dare anche quando non ho più nulla da tenere per me, da donare. Allora ipoteco il cuore, svendo la mia pelle e do anche quello che non ho. E finire per dare ancora, anche quando tu diventi come carta velina sperando che il mio tutto basti per trattenere qualcuno, che la gioia torni, che nel gioco della pietà perdo sempre. Che sono tutti bravi a scappare, a prendere ed andarsene senza voltarsi. Io che li rincorro tutti uno a uno con lo sguardo, che sono un fazzoletto e non sono vento.
E vorrei essere un oggetto per poter essere riparato. Ma i sentimenti non si possono aggiustare, ho l'emotività guasta e sull'elenco telefonico sotto la parola "riparazioni" non c'è nessuno che abbia gli strumenti e le capacità per sistemare ciò che non va in me. Ho l'emozioni guaste, e a me sembra tanto il cuore. 
C'ho il cuore con i fori, ma l'echocardio non evidenzia nulla di problematico. Dannato scherzo del destino che vuole che l'anatomia non vada sempre a pari passo con la psicologia.
L'autobus pieno e le strade che scorrono veloci come il tempo. 
Mentre i dubbi scivolano dentro, scorrono lentamente, si fermano nella pancia. Stiamo sbagliando strategia? Chiedono. Non lo so! E la testa scoppia nel suo male. Mal di vivere lo chiamava Leopardi. 
Mal di vivere cosa? 
Che tutto quello che voglio è proprio quello: vivere. 
E i buchi nel cuore e ora nelle ossa si fanno più dolorosi, si manifestano in brividi. 
Caro e vecchio vuoto, amico di sempre, compagno del mio aver tutto e nulla assieme. Avere tutto ma non c'ho che ti serve. Essere così orgogliosi o stupidi da non ammettere i propri bisogni. Costruire mura intorno a quelle che sono le proprie debolezze e insicurezze. Che superarle vorrebbe dire saltare ad occhi chiusi dal precipizio e io soffro di vertigini, dannazione. 
Una donna parla al telefono a voce troppo alta. Riconosco quel modo di biascicare le parole, quel modo fragile di reggere assieme ogni parte del proprio corpo, pensieri compresi. 
Ho con me 200 di metadone, poi si copre la bocca e si corregge dicendo sciroppo. Troppo tardi, ormai ha detto quella parola, ha svelato al mondo chiuso in un piccolo autobus di periferia il suo segreto. Il suo modo per nascondere i buchi. Mi chiedo se siano 200g o 200mg, mi chiedo se sopravviverà a tutto questo, se sopravviverà al metadone e poi a se stessa. Poi penso che sta colmando i suoi di vuoti. E non posso ne voglio giudicarla, ognuno ha i suoi metodi sbagliati e squilibrati per sopravvivere. Succede quando non riesci a provare più nulla o non provi altro se non dolore. Capita, è triste ma succede. Non si è tutti forti uguali. È il brutto dell'essere autodistruttivi, ti distriuggi per provare qualcosa fino a che il male che provavi all'inizio e dal quale volevi scappare diventa l'unica cosa che cerchi, l'unica certezza che ci sei ancora. 
Devi provare qualcosa per essere vivo, giusto?Anche il dolore è vita, anche il dolore è qualcosa quando smetti di sentire e sentirti. 
Sconvolti, sconvolta. 
Nelle mie cuffie riecheggiano le parole di una canzone "ho il cuore che è una mela acerba, la merda se la cerca." 
E i miei vuoti si fanno più vuoti, se urlo dentro di me riesco a sentire l'eco che si ripercuote ovunque. 
Io dipendo dall'amore che mi sono negata, dalle scelte che non ho fatto, dall'amore che ho avuto e mi ha soffocata. 
Legata. 
Chiusa in queste ossa, e ora vorrei che le costole si aprissero e potessi uscire da qui, volare via. 
Ecco, io e lei non siamo poi così diverse, stiamo solo scegliendo modi differenti per avvelenarci l'anima. 
Lei la droga, io le persone. E non so chi delle due farà la fine peggiore.  
Ho il degrado nell'anima, il disagio negli occhi. Succede quando non hai redenzione, quando cerchi perdono è nessuno te lo sa dare, nemmeno te stessa. Perdono poi di cosa? È questo il dramma, non sapere per cosa chiedi scusa ed essere punita lo stesso, infliggerti il giudizio degli altri e il tuo addosso. Illusa dall'amore che mi era stato promesso, crollano le certezze. Credere e sperare, essere chiusa all'inferno da chi ti aveva promesso il paradiso. 
Sono sempre stata brava a far preoccupare le persone, le persone sono sempre state brave a portarmi all'esasperazione. Facile preoccuparsi solo dopo aver ferito. Ho sempre lottato per ricevere amore e approvazione. 
Per il mio bacio sulla fronte ho dovuto rinunciare alle mie scelte, ai miei dubbi, alla possibilità di mettere in discussione ciò che mi fosse stato imposto e insegnato. No, sono abbastanza certa di non essere un ingrata. 
Non ho l'ombrello e la pioggia continua a scendere. La frangia si appiccica alla fronte, i pensieri ai vestiti. 
Non essere mai abbastanza, e l'aver dato tutto lo stesso. E le arterie che pompano sangue e il mio non sapermi fermare. La convinzione di dover salvare qualcuno, di salvarmi attraverso qualcuno. Quando l'unica cosa che dovremmo fare è curarci, curare noi stessi e poi il prossimo. Non si tratta di gesti eroici, si tratta di camminare nella propria pelle. Nel volere che le farfalle che si vuol fare uscire dal proprio sterno possano volare anche dentro di noi. 
La pioggia sbatte per terra, e io mi rendo conto che è da una vita che sbatto contro ciò che provo, ci sbatto così tanto contro che c'ho i lividi. Vorrei solo che qualcuno mi dica qualcosa proprio ora che stanca sono pronta a mollare tutto e tutti. 
Silenzio.
 E questa volta non grido, nemmeno, io. Non ho più voce, non ho più tempo. Sono sempre in ritardo, tanto io. 
Nei vuoti riecheggia il silenzio, dannati brividi. 
Ed eccomi nella mia banca interna a ipotecare qualcos'altro, a indebitare me stessa. Per far rimanere qualcuno che poi se ne andrà. Forse ho le ossa e il cuore che hanno dichiarato guerra anche al mondo. Che poi do così tanto di me agli altri, senza riuscire mai a darmi. Ho problemi di fiducia, ho problemi con lo appartenere a qualcuno. So restare, so dare, ma non prendere, non so tenere e non so darmi. Cercare qualcuno che ti dica qualcosa prima che lasci la presa. Cercare quel qualcuno nell'orrore e riceverlo indietro, catapultata nel vuoto. 
E nessuno dice niente di ciò che vorrei sentirmi dire, non c'è bellezza nell'orrore e io ora non so più se l'orrore sono io o sono gli altri, e la presa non la lascio lo stesso. 
Che per uno schiaffo che ho dato, ne ho presi indietro 100 e poi calci, e porte in faccia. No, non mollo e paro l'urto con il mio corpo, che so essere spietata con chiunque ma mai tanto quanto lo so essere come con me stessa. So quanto faccia male essere abbandonati al suolo tutto di un colpo, ho i sentimenti lussati, l'emotività fratturata
La mia città vista dall'alto, che sotto la pioggia siamo belle uguali. Penso a tutte le certezze che mi sono giocata, alle bugie che mi sono bevuta, ai baci falsi. Ho colmato i vuoti con essi e poi sono diventati voragini. Sono in guerra con me, contro di me, per me. Rifiorirò tra le mie macerie. 
E allora voglio i miei vuoti, voglio i baci che li colmino e creino voragini, le bugie che allontanano per poco l'incertezza, le persone che si prendono tutto perché mentre lo fanno ci sono. 
Voglio la mia dose giornaliera. I miei amori finti, il mio fuggire dalla gente e il morirci dietro, il mio essere un sacchetto al vento. 
Sono dipendete da questa vita, sono tossica di ogni cosa che mi manca e che ho. Come funzionava pure? Ah, si: ammettere una dipendenza è il primo passo per la guarigione. "Ciao, mi chiamo Federica e sono dipendente da tutto ciò che non posso avere o che ho ma non è come vorrei che fosse..."'
 L'ho detto sono brava a rifiorire tra i miei resti...
"La ballata del dubbio, tenersi niente o perdere tutto, ma perdere è brutto, io mi voglio tenere tutto..." 
(Cit. "La Ballata del Dubbio pt.1" - Gemitaiz) 


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3 commenti

  1. Il fatto è che non sappiamo nemmeno noi cosa vorremmo sentirci dire o cosa vorremmo che gli altri facessero per noi. Forse sentirsi speciali solo per un attimo. Un atto di follia che ci faccia sentire come in un film. Senza renderci conto che siamo le prime a boicottarci e non riusciremo mai a sentirci come vorremmo sentirci perché troppo occupate a cercare quei sentimenti da renderci conto che magari li stiamo vivendo. Ci sfugge la vita sotto il naso mentre siamo alla sua ricerca.

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    1. Ah, sta vita senza fogli di istruzione all'uso! Almeno mi conforti, che su questa inquietudine non sono l'unica ad esserci... Un bacione

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  2. Mi ci sono rivista in più punti di questo post.
    Credo sia una cosa che accomuna un po' tutti quella del pentirsi di scelte non fatte, di aver dato spesso e volentieri tutto a tutti e di non aver ricevuto lo stesso bel trattamento.
    E spesso, cerchiamo qualcosa che non esiste, perché magari abbiamo già tutto ma a questo tutto no diamo il giusto peso, la giusta importanza, la giusta bellezza.

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