Tu non ci sei e io mi sento come chi ha già sofferto e spera che stavolta le botte non le senta, cosa ho? ho solo ferite sulla mia pelle scura, la mia pelle si fa più dura finirà che mi ricuciranno col metallo punti di sutura i segni che porto addosso hanno rimosso il grosso nonsono morto di paura...
- 12:56:00
- By Federica R
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Che succede quando due mani che si erano sempre strette fra loro
si separano? Si restringeranno prima o poi o non si sfioreranno mai più
nemmeno per sbaglio, per errore, per gioco?
Che succede dopo? Dopo lo sbaglio di valutazione, dopo i baci, dopo i "ti odio, ma non andartene!", o i "ti amo, ma non posso".
Cosa succede dopo: quando ami e smetti di essere amato, quando smetti di amare e sei amato? E sarai capace di amare? E di lasciarti amare?
Io ho finito per perdermi. Persa in tutto l'amore che non ho mai ricevuto, e in quello che ho avuto che mi ha sempre chiesto di scegliere fra me o fra ciò che amassi, in un continuo di vuoti a perdere. Di lotte inutili, di amori non conquistati, e di dolori che ti inghiottiscono perché l'amore che vorresti e che non hai è in grado di farti così male da toglierti il respiro, accorciarti il fiato, rallentare il tuo battito.
Persa in me stessa, che a volersi bene ci vuole una gran fatica, figuriamoci ad amarsi. Mi sono persa perchè nell'amore nonostante tutto, ciò sempre creduto, sperato, respirato; ma l'orgoglio l'ho sempre messo al primo posto. Essere forti prima di tutto, e l'amore rende deboli, estremamente e inevitabilmente fragili. Come quando permetti a qualcuno di dormire di fianco a te, e il tuo corpo si intreccia con il suo, i respiri si alternano, i sogni si mescolano. E tu sei lì, inerme con tutti i tuoi sogni, fra le braccia di qualcuno che non sai per quanto rimarrà, quanto male ti farà, se resterà. Nonostante tutto cedi, ti abbandoni, ci credi. E forse senza manco accorgertene stai dormendo fra le braccia di uno sconosciuto, di qualcuno che ti farà così male da renderti difficile poi rialzarti, fra le braccia di qualcuno che ti salverà da tutto ciò che ti uccide. Non lo puoi sapere, è un incognita, l'amore è un gioco d'azzardo.
La verità è che forse non si può vivere senza amore, perché se si potesse non rischieremmo ogni volta la pelle, l'anima, le ossa, le risate, il nostro tempo. Non metteremmo a rischio la nostra vita, affidandola parzialmente o totalmente, provvisoriamente o per sempre, a mani e sguardi altrui. Che molto spesso le farfalle nello stomaco non sono altro che lividi, gastriti, pianti.
Dicevo: mi sono persa. L'ho perso. E non riesco a ritrovarmi. Non riesco a ritrovarlo. Anche se lo incontro, anche se gli passo così vicino che il suo profumo un poco mi rimane adosso, impregnato nei pensieri, nei vestiti, in ciò che sono e in ciò che sono stata e vorrei essere.
Non lo trovo, non mi trovo.
Anche se mi guarda, anche se lo guardo. Anche se in quei totali e inutili quattro secondi di sguardi, io mi sento esistere. Perchè se lui mi vede, io ci sono. Se mi guarda, io recupero il respiro e poi lo riperdo, come quando hai davanti le cose belle, come quando hai davanti ciò che ti fa male, come quando hai davanti ciò che vorresti e ti manca, come quando hai davanti qualcosa che hai sfiorato e ti ha cambiata e se ne è andato. Come quando hai davanti qualcosa che ti salva e ti condanna. E io che all'amore non volevo più cedere, non volevo più credere ci sono ricaduta, così tanto da non sapere come rialzarmi. Io, io che una cosa che so fare bene è tirarmi in piedi da terra, rimettere assieme le ossa, recuperare il fiato, i pensieri, accantonare il dolore, recuperare il sorriso. Ecco, ora è come se non sapessi fare tutto ciò, come se tutto ciò non bastasse a salvarmi. Che non sono morta, che mi sono rialzata, che ho rindossato il sorriso migliore, che ho fatto riecheggiare nell'aria la risata più allegra. Ora che sono bella e giovane, che le occhiaie non fanno traparire l'ennesima notte insonne passata a starci male, a perderci sonno.
È che a me lui lascia senza fiato, senza tempo di pensare, senza tempo di decidere, senza tempo facendomene perdere comunque tanto. E quando mi guarda, mi chiedo cosa veda. Vede davvero me? Si ricorda di noi, che poi noi non siamo mai stati. Si ricorda di me e di lui, e delle risate, e dei miei pianti, e dell'estate, e di quel che potevamo essere ma non siamo stati? Quando mi guarda mi vede, o sono solo una figura che gli si proietta davanti, un ombra irrilevante, indifferente? E ora che non so se quando mi guarda mi vede davvero, per quella che sono o quella che gli ho fatto credere di essere, mi stupisco di essere ancora tutta insieme. Io che credevo che all'allontanarsi dei suoi occhi sarei finita per sparire, per disintegrarmi. Forse un poco, una parte di me è sparita, si è sgretolata. Quella parte che credeva che a questo giro, a questa giostra, forse la pena ne sarei valsa. Che forse qualcuno che volevo, avrebbe lottato o almeno provato, a tenermi, a trattenermi, a non farmi scappare, semplicemente ad amarmi. E invece nulla, nessuna mano che trattiene, nessuna parola che ti dica di restare, di sperare, nessun perdono, niente amore, nessun affetto. Così io credevo di morire, di sparire, di svanire. Ma la verità è che per amore non si muore, al massimo ci si strazia, ci si strugge, ma non si muore. Il cuore continua a battere, i polmoni a imbarcare ossigeno, il cervello a funzionare.
Ed è tutto doloroso e faticoso, e ti chiedi come hai potuto ricascarci, come hai potuto permettere di nuovo a qualcuno che amavi di non amarti. Come hai fatto ancora a permettere a qualcuno di entrare nella tua vita tanto da farti male, da farti così paura da allontanarlo ancora prima che fosse amore. Come hai potuto perdere sonno, fame e salute per qualcuno che è sempre stato bene, anche dopo averti stretta ed averti perso. Qualcuno che ha preferito diventare sconosciuto, che amico, amante, fantasia.
Cosa succede dopo: quando ami e smetti di essere amato, quando smetti di amare e sei amato? E sarai capace di amare? E di lasciarti amare?
Io ho finito per perdermi. Persa in tutto l'amore che non ho mai ricevuto, e in quello che ho avuto che mi ha sempre chiesto di scegliere fra me o fra ciò che amassi, in un continuo di vuoti a perdere. Di lotte inutili, di amori non conquistati, e di dolori che ti inghiottiscono perché l'amore che vorresti e che non hai è in grado di farti così male da toglierti il respiro, accorciarti il fiato, rallentare il tuo battito.
Persa in me stessa, che a volersi bene ci vuole una gran fatica, figuriamoci ad amarsi. Mi sono persa perchè nell'amore nonostante tutto, ciò sempre creduto, sperato, respirato; ma l'orgoglio l'ho sempre messo al primo posto. Essere forti prima di tutto, e l'amore rende deboli, estremamente e inevitabilmente fragili. Come quando permetti a qualcuno di dormire di fianco a te, e il tuo corpo si intreccia con il suo, i respiri si alternano, i sogni si mescolano. E tu sei lì, inerme con tutti i tuoi sogni, fra le braccia di qualcuno che non sai per quanto rimarrà, quanto male ti farà, se resterà. Nonostante tutto cedi, ti abbandoni, ci credi. E forse senza manco accorgertene stai dormendo fra le braccia di uno sconosciuto, di qualcuno che ti farà così male da renderti difficile poi rialzarti, fra le braccia di qualcuno che ti salverà da tutto ciò che ti uccide. Non lo puoi sapere, è un incognita, l'amore è un gioco d'azzardo.
La verità è che forse non si può vivere senza amore, perché se si potesse non rischieremmo ogni volta la pelle, l'anima, le ossa, le risate, il nostro tempo. Non metteremmo a rischio la nostra vita, affidandola parzialmente o totalmente, provvisoriamente o per sempre, a mani e sguardi altrui. Che molto spesso le farfalle nello stomaco non sono altro che lividi, gastriti, pianti.
Dicevo: mi sono persa. L'ho perso. E non riesco a ritrovarmi. Non riesco a ritrovarlo. Anche se lo incontro, anche se gli passo così vicino che il suo profumo un poco mi rimane adosso, impregnato nei pensieri, nei vestiti, in ciò che sono e in ciò che sono stata e vorrei essere.
Non lo trovo, non mi trovo.
Anche se mi guarda, anche se lo guardo. Anche se in quei totali e inutili quattro secondi di sguardi, io mi sento esistere. Perchè se lui mi vede, io ci sono. Se mi guarda, io recupero il respiro e poi lo riperdo, come quando hai davanti le cose belle, come quando hai davanti ciò che ti fa male, come quando hai davanti ciò che vorresti e ti manca, come quando hai davanti qualcosa che hai sfiorato e ti ha cambiata e se ne è andato. Come quando hai davanti qualcosa che ti salva e ti condanna. E io che all'amore non volevo più cedere, non volevo più credere ci sono ricaduta, così tanto da non sapere come rialzarmi. Io, io che una cosa che so fare bene è tirarmi in piedi da terra, rimettere assieme le ossa, recuperare il fiato, i pensieri, accantonare il dolore, recuperare il sorriso. Ecco, ora è come se non sapessi fare tutto ciò, come se tutto ciò non bastasse a salvarmi. Che non sono morta, che mi sono rialzata, che ho rindossato il sorriso migliore, che ho fatto riecheggiare nell'aria la risata più allegra. Ora che sono bella e giovane, che le occhiaie non fanno traparire l'ennesima notte insonne passata a starci male, a perderci sonno.
È che a me lui lascia senza fiato, senza tempo di pensare, senza tempo di decidere, senza tempo facendomene perdere comunque tanto. E quando mi guarda, mi chiedo cosa veda. Vede davvero me? Si ricorda di noi, che poi noi non siamo mai stati. Si ricorda di me e di lui, e delle risate, e dei miei pianti, e dell'estate, e di quel che potevamo essere ma non siamo stati? Quando mi guarda mi vede, o sono solo una figura che gli si proietta davanti, un ombra irrilevante, indifferente? E ora che non so se quando mi guarda mi vede davvero, per quella che sono o quella che gli ho fatto credere di essere, mi stupisco di essere ancora tutta insieme. Io che credevo che all'allontanarsi dei suoi occhi sarei finita per sparire, per disintegrarmi. Forse un poco, una parte di me è sparita, si è sgretolata. Quella parte che credeva che a questo giro, a questa giostra, forse la pena ne sarei valsa. Che forse qualcuno che volevo, avrebbe lottato o almeno provato, a tenermi, a trattenermi, a non farmi scappare, semplicemente ad amarmi. E invece nulla, nessuna mano che trattiene, nessuna parola che ti dica di restare, di sperare, nessun perdono, niente amore, nessun affetto. Così io credevo di morire, di sparire, di svanire. Ma la verità è che per amore non si muore, al massimo ci si strazia, ci si strugge, ma non si muore. Il cuore continua a battere, i polmoni a imbarcare ossigeno, il cervello a funzionare.
Ed è tutto doloroso e faticoso, e ti chiedi come hai potuto ricascarci, come hai potuto permettere di nuovo a qualcuno che amavi di non amarti. Come hai fatto ancora a permettere a qualcuno di entrare nella tua vita tanto da farti male, da farti così paura da allontanarlo ancora prima che fosse amore. Come hai potuto perdere sonno, fame e salute per qualcuno che è sempre stato bene, anche dopo averti stretta ed averti perso. Qualcuno che ha preferito diventare sconosciuto, che amico, amante, fantasia.
Perchè l'unica cosa in grado di ucciderti e di salvarti sembra essere sempre quella dannata cosa che ti manca? L'amore, un nome, una presenza, una mano che ti sfiora, due occhi verdi che ti guardano.
E lui è finito per mancare. Per mancare così tanto da sentirmi morire ogni volta, anche se vivo, sorrido, respiro, vado avanti nel tempo che scorre inesorabile. È che c'è sempre, ovunque, comunque: in ogni pensiero, in ogni sospiro, in ogni pianto, in ogni volta che mi giro per cercarlo e lo trovo o non lo vedo. E finisce sempre per farmi male, perchè vederlo fa tanto male quanto non incontrarlo. Lui sta con lei ed è una constatazione, è la prova di fatto, che l'amore spacca il cuore. Così il cuore si strugge ogni volta che lo vedo con lei, o senza di lei ma penso che pensi a lei. Ogni volta che sceglie lei, tanto da tornarci, tanto da lottarci, tanto da ristringerla a se senza farla andare via, così tanto da farla sentire viva.
E lui è finito per mancare. Per mancare così tanto da sentirmi morire ogni volta, anche se vivo, sorrido, respiro, vado avanti nel tempo che scorre inesorabile. È che c'è sempre, ovunque, comunque: in ogni pensiero, in ogni sospiro, in ogni pianto, in ogni volta che mi giro per cercarlo e lo trovo o non lo vedo. E finisce sempre per farmi male, perchè vederlo fa tanto male quanto non incontrarlo. Lui sta con lei ed è una constatazione, è la prova di fatto, che l'amore spacca il cuore. Così il cuore si strugge ogni volta che lo vedo con lei, o senza di lei ma penso che pensi a lei. Ogni volta che sceglie lei, tanto da tornarci, tanto da lottarci, tanto da ristringerla a se senza farla andare via, così tanto da farla sentire viva.
Dicono che dovrei parlargli, fare qualcosa, che stare così non mi fa bene, non fa bene. Ma come puoi parlare a qualcuno che non ti vuole ascoltare? Come puoi riaprirti a qualcuno che ogni volta riesce a farti male? Come puoi parlare a qualcuno che quando poteva sceglierti non ti ha scelto? E di cosa dovrei parlargli: di come mi manca anche se non gli manco? Come posso parlargli senza perdermi ancora di più, senza sprofondare nei miei vuoti più di quanto non abbia già fatto? Che non doveva più capitare di amare qualcuno che non mi ama. Che poi è amore? E come ho potuto perderci così tanto, da sentirmi persa io? Allora forse amore un poco lo è, perchè sennò non farebbe così male, perchè sennò sarei ancora tutta intera. E invece ci sono tutti questi pezzi di me sparsi, pezzi di cuore nella milza, pensieri fatti a fette, battiti dispersi fra le ossa, nausea ovunque, vertigini sempre. Che non doveva più capitare di perderci sogni, notti, sorrisi e speranze per qualcuno che mai ti guarderà neanche la metà di come tu lo guardi. Per qualcuno che ti vede un mostro, che ti ha reso carnefice e vittima, per qualcuno che non ci ha mai tenuto.
Così provo a riflettere, a tornare indietro, ad arrivare al preciso momento in cui tutto è iniziato, almeno per me. Mi viene in mente una strofa di una canzone del "Lo Stato Sociale": "E c'era una musica, un ballo...tra tutte le persone c'eri anche tu.". Ma nella nostra festa non c'era un ballo, ma solo della musica sparata da un telefonino che si spacciava per cassa, del vino, tante risate, il mio vestito verde e la sua giacca di pelle, della sambuca, un terrazza e tanta gente, fra cui e soprattutto lui. C'era la mia frangetta nuova e la sua solita risata. E il tempo che era passato trascinandosi il mio cuore infranto e il suo cuore fatto nuovamente in mille pezzi. Ma c'erano tante risate, e un gioco, e il buio, e il "ci penso io a lei!". Che poi a me non ci ha mai pensato e se ci ha pensato non me l'ha fatto sapere o ancora peggio lo ha negato. E mentirei se dicessi che tutto ha avuto immediatamente un senso, un valore, un sentimento. Perchè ripeto "c'era una musica, un ballo e tra tutte le persone..." c'era lui. E quella dannata sensazione di essere nel posto giusto al momento giusto, per me che sono sempre in ritardo. Ecco forse perchè è così difficile dimenticare, arrendersi senza averci provato, senza aver lottato, senza averci lasciato anche l'ultimo pezzo di cuore, di amore, di speranza. Che per certe cose vale la pena morire, dentro, per sempre come sempre da sempre. E io ho lasciato tutto ciò senza aver davvero lottato. Ed è assurdo come all'inizio io credessi che fosse solo un gioco, ora mi ritrovi a sentirmi davvero felice solo quando è intorno a me, solo quando la sua risata stupida riecheggia nell'aria, solo quando sfoggia le sue facce più sceme e buffe. Solo quando c'è. Anche se non mi guarda, anche se non mi sfiora, anche se di bene non me ne vuole figuriamoci di amore. Allora forse non sono tanto brava a giocare, perchè perdo sempre, perchè alla fine il cuore ce lo lascio ogni volta. Perché al gioco della spensieratezza non ci so giocare, che ho sempre dovuto pensare a un modo per uscirne viva, per trovare un motivo per non mollare ogni cosa, perfino me. Così ci lascio lacrime, speranze e pezzi di me. Nuove cicatrici dal sapore delle vecchie, che perdo sangue sempre dalle stesse vecchie ferite, e chi lo sa che un giorno non diventino così profonde da tranciare arterie, da far cessare ogni sogno, ogni speranza, ogni sentimento, ogni brivido, ogni livido, ogni cosa in grado di farti sentire vivo.
Che l'amore è il mio punto debole da sempre, che ad amarmi si fa un gran fatica, che ad amare ci ho paura, non lo so fare, non mi esce bene. Allora, mi sono difesa sbagliando i tempi, sbagliando le circostanze, indossando una delle mie tante maschere. Che di maschere ne ho parecchie, una per ogni occasione, una per ogni bacio che il cuore me lo fa battere, una per ogni sogno che mi tiene sveglia e poi mi fa dormire, una per ogni peggior incubo, una per ogni scheletro nell'armadio e mostro sotto al letto, una anche per l'amore, anche per lui. E lui? Lui quante maschere ha? E quante volte le ha indossate davanti a me? Abbiamo scelto le maschere più terrificanti, più brutte, per non far vedere che sotto eravamo peggio, a brandelli, a pezzi, sfrenatamente a fin di vita sebbene all'inizio di essa. E giuro che ho adorato ogni singola sua maschera, anche l'orrore del nulla che lui provava verso di me a confronto di tutto quello che sentivo io. Pronta a sacrificare dignità e rispetto; pur di ricevere un suo sguardo, una sua carezza, un suo finto "ti voglio bene". Che se davvero vuoi qualcosa, se davvero quella persona per te vale così tanto da farti sussultare il cuore, e far scorrere il sangue velocemente, ti accontenti anche delle sue briciole. Sciocca io che non mi sono resa conto, che ho sperato, che le farfalle nello stomaco non erano date da quello che vivevo ma dal fatto che stessi precipitando a caduta libera in uno dei miei vuoti. E finisce sempre che quando tocchi terra non lo fai dolcemente, ti ci schianti, tanto che forse una volta di queste l'osso del collo me lo spezzo. Eccolo li, in tutto se stesso il vuoto più terrificante di tutti: non riuscire mai ad avere ciò che vuoi avere, non sapere come ottenerlo, non sapere come mantenerlo. Ecco cosa fa più male ora, non tanto aver sbagliato, ma il non aver lottato. Il non essersi tolti la maschera che si indossava. L'aver rinunciato senza aver dato tutto, senza aver mostrato anche tutta la parte migliore, oltre a quella peggiore. Che sotto le maschere siamo tutti brutti, tutti pallidi, tutti spaventati, tutti feriti ma anche tutti così veri da essere belli. Allora, come potrei parlargli? Cosa gli potrei dire? Quando so già che qualsiasi cosa che otterrò non sarà quella che vorrei avare? Quante altre volte devo cadere in quel baratro profondo che sono le mie paure? Che quando c'era avevo paura, figuriamoci ora che non c'è e se c'è è distante da me, da quello che vorrei, da quello che sento e sogno. Forse la verità è che la felicità ne vale la paura, lo sfaso, il baratro, la caduta, le ossa rotte e i sogni infranti. Ciò che ti rende felice, nel esatto momento che ti rende tale le paure te le fa cancellare, dimenticare, scordare. Così come lui, che mi faceva ridere, mi faceva stare zitta, stringeva le mani e le ossa me le risentivo trovare un ordine, e il pensare si faceva nube e c'era solo quel momento, la spensieratezza, l'avere 22 anni il poter fare sbagli di valutazione ridendo. Sentire che fra due braccia forse le cose si possono recuperare, che fra due mani che si intecciano fra loro senza fatica anche dei sentimenti possono prendere forma, che il fiato che si perde e si accellera forse è sintomo di passione, di provare qualcosa che va oltre all'essere amici e basta. Che con lui aumentavano e passavano le paure, e iniziavano le risate. È stato tutto uno sbaglio di valutazione, di lucidità persa, di persone che cercano di essere meno sole, di bambini adulti così viziati da non riuscire a sopportare la solitudine. E le parole confermavano tutto ciò e i gesti lo smentivano. Che forse bene me ne voleva, ma non abbastanza da non mettere tutto in repentaglio, da risparmiarmi dal suo egoismo, dal salvarmi dal dolore di chi non ti vuole quando sa che lo vuoi. Allora, è rimasta solo la paura, l'incertezza, e quella frega sempre. E so benissimo che arriveranno altri baci, altre braccia, altri sorrisi, altri amori, altre nottate insonne, altri drammi, altre serate passate a mangiarsi la bocca/ i sogni/ le ossa. E sarà tutto nuovo, tutto in maniera diversa meraviglioso. È che ogni cosa che perdi un poco ti uccide. Ogni cosa che perdi senza averla avuta si somma alle altre mancanze, e ti rimane dentro. Così ci saranno altri occhi da guardare e altre labbra da baciare, e non avranno lo stesso sapore e lo stesso colore, e ogni tanto farà male, farà paura. Perché ho rinunciato senza avere, sono rimasti i dubbi, i ricordi, le domande senza risposta. Uno sguardo che non sai se ti guarda, una voce che conosci ma che non ti parla. Un altro amore sprecato, buttato prima ancora di sapere se fosse amore. È che le persone che ti entrano dentro, che si infilano nel tuo sangue, modificano il tuo DNA, ti fanno riprendere fiato ogni volta che lo perdi, non le cancelli. E non basta la determinazione, o un nuovo amore. Non basta niente. È la fottuta illogica dell'amore. Non sai spiegare perché certe persone ti entrano dentro più delle altre, perché certi baci ti sanno di casa, perché certi abbracci non ti soffocano ma ti fanno sentire al sicuro. E io sono una di quelle fottute persone disposte a buttare via tutto ciò che ha, ogni certezza, ogni pezzo di amore per qualcosa che non ha avuto. Ecco come si diventa mostri, quando per amore di certi amori si è in grado di fare male a qualcun altro che ci ama, di fare male al proprio futuro, anche solo per riavere un istante con la persona che non hai avuto ma che ti porti dentro. Che l'amore deve fare così male da ucciderti, e così bene da salvarti e farti risorgere dalle tue rovine, dai suoi resti.
<< Allora, visto che questo dolore non lo puoi fermare, e parlare non vuoi, incontra nuova gente, dai la possibilità a nuove persone di entrare nella tua vita.>> ecco cosa dicono le mie amiche, quelle che mi hanno abbracciata di notte negli attacchi di panico, quelle che mi hanno visto cambiare, avere lo sguardo un po' più triste, la speranza più spenta. Come se fosse facile andare avanti, togliersi dalla testa qualcuno che si è preso un pezzo di cuore, che si è scavato un pezzo fra le costole, qualcuno che nel farti male per qualche secondo si è preso cura di te come tu volevi e nessun altro ha fatto. <<Incontra qualcuno, ricomincia!>> quando ti viene la nausea anche solo a pensare a due nuove mani che ti sfiorino. E lo so che il mondo è pieno di ragazzi meravigliosi, pronti ad amarti e farsi amare. Ma ora come ora sarebbe solo una sconfitta, una triste seconda scelta, nessun brivido, solo i lividi dati dal farsi stringere da due braccia e mani che non vorresti in quel momento. Un ricominciare che è più una morte netta della speranza, del coraggio, di quella voglia di ripartire e riscattarsi che si ha quando realmente si sa di aver dato tutto a chi realmente volevi darti. E non è giusto guardare qualcuno, e ricordarsi che stai guardando qualcuno che è un rimpiazzo, che è un palliativo, che è una terapia al bisogno. Merito di più. Come merito di più di quel così famoso "ragazzo speciale che rimarrà per sempre" che le mie amiche dicono tanto che sia riservato a me. Quel ragazzo perfetto che ogni ragazza vuole, ma che io non voglio. Perché penso davvero di meritarmi di più della perfezione. Io merito di più di un per sempre. Merito ciò che voglio, merito baci che fanno stare insonne per giorni, amore che va guadagnato, due occhi verdi, sarcasmo, piccoli ed effimeri dettagli, litigate paurose e nottate meravigliose. Merito qualcuno che sia in grado di farmi male come non mai, di uccidermi come non mai. Qualcuno che sia in grado di farmi ridere, farmi vivere la vita come in una giostra. Il semplice "ragazzo speciale" non fa per me. Io merito e voglio di più. Voglio tutto, ogni male e ogni bene, qualcuno per cui rinunciare e perdere tutto, qualcuno che ti faccia rimpiangere tutto, dire che è stato tutto un errore, chiederti come ci sei finita dentro, rimpiangere alcune decisioni tranne quelle dei suoi baci. Qualcuno che riesca a rendere belle anche un paio di scale, anche le mie paure, anche i miei pensieri. Qualcuno di tremendamente instabile, qualcuno che non sia per sempre e che non cerchi di partire manco con tali presupposti, qualcuno che lotti e che io possa lasciare facendogli male, facendomi male. E forse finirà che sarò una di quelle persone che dal di fuori vengono viste dannatamente fortunate, che avrò qualcuno che mi amerà alla follia, qualcuno ritenuto da tutti "speciale", premuroso, che non mi faccia male, che mi faccia sentire in pace, qualcuno che ci sia sempre, qualcuno che tutti vorrebbero. Qualcuno che gli altri non sanno, che sarei disposta ad abbandonare per tutto il resto, qualcuno che non voglio così tanto, qualcuno di cui ho bisogno, qualcuno che non mi faccia perdere la partita quando l'unica cosa che vorrei è il punto. Di più della felicità e della massima disperazione, dei baci che diventano morsi, delle farfalle che diventano vomito.
Ma merito di più anche rispetto a lui, ai suoi sbalzi di umore, al suo cantarsela e suonarsela, al suo non volermi ma non andartene. Merito di più di qualcuno che quando poteva scegliermi, che quando poteva salvarmi, ha deciso di uccidermi e di scegliere un altra. Merito più di tutto questo amore che amore non è mai quando si tratta di me. Merito di più, anche di lui, per il quale ciò perso e ci perderò ancora ma per il quale non posso ritentare nessun riavvicinamento nemmeno se lui volesse. Perché merito più di vederlo sorriderle, di vederlo darle i baci che vorrei io, di vederlo innamorarsi di lei, merito più della sua amicizia. Merito lui, ma non di vederlo con lei, di ricominciare da 0 sapendo che le probabilità che resti con lei sono così alte che ne sento già il male che mi faranno quando si avvereranno. Ecco perché sono in stallo in questa partita. Perché non posso fare niente senza perdere, senza averlo. Perché lui sta con lei, lui ha scelto lei, e ogni suo passo verso di me è un passo verso ciò che non voglio. Perché non puoi essere amica di chi ami, perché l'ho già fatto una volta e sono morta ogni giorno in cui l'ho fatto. Perché non merito di morirci sempre e solo io. Perché merito qualcuno che io ami così tanto da poter uccidere, qualcuno che si esponga da lasciarsi fare male.
Il problema in tutta questa storia è solo quello: che se hai avuto anche solo per un istante la sensazione di essere nel posto giusto al momento giusto fra le braccia giuste, se hai avuto anche solo un istante che ti ha tolto il fiato senza ucciderti, allora forse lottare ne sarebbe valsa la pena.
Quanto ancora sei disposta a perdere? Quanto ancora moriresti per amore di chi ami? Salveresti chi ti ama o chi ami? E quante volte salveresti te stessa?
13 commenti
Impressionante idea di amore malato quello secondo il quale bisogna cedere tanto per amore...
RispondiEliminaVivo l'amore come condivisione e non come perdita e sacrificio, ma forse solo perché a me ha sempre detto parecchio bene!
Ma io sono arrivata alla conclusione che ognuno ama come ha imparato ad amare e ad essere amato... Meglio se ti dice sempre bene :) <3
Eliminaforse l'amore non è l'idea che si ha guardando l'altro, anche se c'era musica, un ballo... l'amore è qualcosa che si costruisce in due. ...se no, non assomiglia nall' amore. ma all'attrazione, o a un'ossessione. ..
RispondiEliminaquesta è
Non posso darti che ragione, anche se il cuore va dal lato opposto della logica!
Eliminail tuo cuore ama l'ossessione ;-)
EliminaL'amore... L'amore ha un significato diverso ogni volta che lo si guarda... Quando ci sbatti la testa, frantumandoti il cuore poi, diventa una maledizione. Ed io in amore non sono mai stata brava, e mai credo lo sarò. Perchè ho un difetto: amo, amo l'altro con tutta me stessa, anche quando mi fa del male e si meriterebbe solo che gli voltassi le spalle.
RispondiEliminaEsatto, io sono esattamente come te, alla fine ci si lascia sempre una parte di se... Sarà che bho quando si tratta di amare per quelle come noi le mezze misure non ci sono...
Elimina> perchè alla fine il cuore ce lo lascio ogni volta
RispondiEliminaCi sono i sentimenti e il cuore. Il cuore, penso, venga dopo. I tantrici lo indicano come Anahata il non colpito, perché esso non risponde alle contingenze, come invece succede ai sentimenti.
Il putto birbone con le alucce si diverte un sacco con le sue frecce acuminate. Egli, si mette la benda sugli occhi e inizia a scagliare.
L'eros è anche diventare vulnerabili, apre le porte alla gioia e allo sconforto, allo scoramento.
Sei in una partita a tre, Federica.
In genere le situazioni asimmetriche, come quella che vivi, a medio e lungo termine hanno bilanci che possono essere anche molto negativi.
Quanto dolore vuoi affrontare per quanto letizia, per quanta gioia?
Aaaaah, è che non lo so, penso che ogni tanto un attimo di felicità valga anche tutto il dolore....
Elimina... ;-)
RispondiElimina> Perchè ripeto "c'era una musica, un ballo e tra tutte le persone..." c'era lui.
RispondiElimina> E quella dannata sensazione di essere nel posto giusto al momento giusto, per me che sono sempre in ritardo.
Fu un colpo di fulmine, allora.
Penso che anche io, sotto sotto, sia un po' alla ricerca di 'un nuovo di fulmine.
Anche illogica d'amore mi piace! :)
L'amore è un mistero che io non so decifrare.
RispondiEliminaMi accontento di quello che sento sulla pelle, mi accontento di star bene e di coltivare il buono di un rapporto a due.
E se questo è amore, a me sta bene.
Un abbraccio.
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